Let me in

Tempo fa mi sono trovato a passare davanti alla “mia” vecchia discoteca, ormai ridotta a un rudere. Su un buco libero tra le sterpaglie che ricoprivano il muro di cinta campeggiava la frase, “un minuto di silenzio per i ragazzi dell’attuale generazione che non proveranno mai la straordinaria emozione di ballare i lenti”.

Se avessi avuto una bomboletta spray, sarei sceso dalla bici per scrivere “vero!”

Tutt’attorno non c’era anima viva, il che mi ha permesso di soffermarmi con tutta tranquillità, per ottemperare alla richiesta del misterioso writer.

È andata a finire, che, i minuti di silenzio, passati in mezzo a quella isolata stradina di campagna, furono ben oltre i dieci perché, ad un certo punto, da quei finestroni sprangati uscirono le note di Let me in di Mike Francis.

Era la fine del 1985, quando un mio paricorso della base aerea alla quale ero stato assegnato come prima destinazione operativa, mi invitò a passare un pomeriggio in una discoteca della sua cittadina; per convincermi disse che aveva un sacco di amiche carine da presentarmi. Sulle prime, la mia innata diffidenza verso gli altri umani e l’indottrinamento ricevuto in Azione Cattolica mi fecero tentennare dall’accettare; ero convinto che mi avesse invitato solo per rovinare un bravo “fio de cesa”, trascinandolo in un luogo peccaminoso a fare lo zimbello della compagnia. Poi, scattò qualcosa dentro di me, forse un istinto primordiale e una vocina, credo sia stato un diavoletto tipo quello dei fumetti di Jacovitti, mi disse “buttati!”

A proposito di diavoletti e indiavolati, in quelle prime ore di discoteca, il mio corpo si sconnesse dalla mente e fece cose che non avrei mai pensato potesse fare; si stava ribellando al rigore che, fino a quel momento, avevo nell’affrontare la vita; rispondeva solo ai comandi della musica.

Ad un certo punto, le luci si attenuarono e virarono nella tonalità del blu, le casse acustiche cessarono di vibrare all’impazzata e, dopo quasi tre ore di ininterrotto Unz Unz Unz, emisero delle dolci note di pianoforte; era il momento dei lenti. Fuggirono quasi tutti dalla pista, i ragazzi perché non trovavano nessuna ragazza che volesse ballare con loro, le ragazze perché non volevano ballare con il primo che gli capitava, specie se da sotto le ascelle usciva un acre puzzo da sudore; sembravano tutti in preda al panico. Decisi di restare, solo come un pampe in mezzo alla pista mentre quello che poi venni a sapere si chiamava Mike Francis, iniziò a cantare; sentivo che qualcosa sarebbe successo.

Se fu un diavoletto, tipo quello dei fumetti di Jacovitti, a ficcarmi in quella situazione, fu un angelo in carne e ossa, che poi venni a sapere si chiamava Valeria, a tirarmici fuori e avvolgermi tra le sue ali e, ballare con me Let me in.

Il resto non è storia ma un’emozione che tutt’ora porto dentro e che continuerà per sempre, nient’altro.

Per non far torto a nessuno, in ordine di emozione:

Sailing – Christopher Cross

Wind of Change – Scorpion

A Groovy kind of love – Phil Collins

Carrie – Europe

Trough the Barricade – Spandau Ballet

If you leave me now – Chicago

Careless Whisper – George Michael

Honesty – Billy Joel

… e tantissime altre

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Tratto dalla raccolta DEDICHE & RICHIESTE

© 2024 Michele Camillo

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